Il cambiamento di nome può essere sufficiente per alterare la percezione salutistica ed il gusto di un alimento mutandone il consumo

La ricerca pubblicata sul Journal of Consumer Research suggerisce che il consumatore attento al valore salutistico e che si avvia ad adottare una dieta sana e salutistica può focalizzarsi su scelte di cibi non salutari ma che sono etichettati come salutari. I ricercatori del Dipartimento Markerting dell’ Università del Sud Carolina spiegano :

in ogni caso, i cultori del cibo dietetico si fissano nel senso di evitare gli alimenti che considerano negativamente basandosi solo sul nome”

Percezione salutistica

Il nome di un alimento può fornire al consumatore importanti informazioni sul suo valore nutrizionale, per esempio un prodotto identificato come mela è chiaramente uno snack nutrizionale, mentre non lo è un prodotto identificato come merendina. I ricercatori hanno però notato che le cose non sono così semplici dato che l’ambiguità della denominazione è quanto mai prevalente nel campo dell’industria alimentare. Le patatine fritte possono essere etichettate come “ chips vegani”, i milkshake ( frappé) sono venduti come “smoothies” e le bevande zuccherate sono state riposizionate come “ acque aromatizzate”. Questi nomi alternativi possono indurre il consumatore a valutare una indebita superiorità nutrizionale. 

Tale ambiguità nel dare il nome ai prodotti può portare i consumatori a trarre delle considerazioni inesatte relativamente al valore nutrizionale che scavalca l’informazione esatta del prodotto. 

Lo studio dell’Università del Sud Carolina ha investigato sull’influenza della modificazione del nome dei prodotti alimentari sulla percezione dei consumatori relativamente alla salubrità, gusto e consumo.

Dettaglio dello studio

All’inizio dello studio ai consumatori venne presentato un mix pre-preparato costituito da vegetali, salumi e formaggio servito su un letto di insalata romana. Il piatto era etichettato come “ insalata” oppure come “ pasta”.

Un campione di consumatori valutava in termini di salubrità e nutrizionalità su una scala da 1 a 7 i  piatti e riempiva un questionario sugli aspetti dietetici e non dietetici focalizzandosi sull’aspetto della loro salubrità generale includendo notazioni su come loro leggessero le etichette. Basandosi sui dati rilevati, i ricercatori hanno suddiviso il gruppo fra consumatori attenti all’aspetto dietetico e non  attenti. 

I ricercatori hanno riportato che quando il piatto era etichettato come “ pasta”, i consumatori attenti all’aspetto dietetico percepivano il prodotto come meno salutistico, mentre invece se il prodotto era etichettato come “insalata”  attribuivano un maggior punteggio per quanto riguardava il valore salutistico ( 4,7 contro 4,0).

I consumatori attenti all’aspetto dietetico probabilmente presumevano che un prodotto già all’origine definito come con un  nome non salutistico ( per esempio, pasta) fosse meno salutistico di un prodotto esattamente uguale ma che portava un nome che suonava più salubre ( per esempio, insalata) e non perdevano nemmeno il tempo di prendere informazioni  sul prodotto che non impattava il loro convincimento.

In una seconda parte della ricerca venivano dati ai consumatori campioni di una caramella gommosa etichettata come “ caramella gommosa alla frutta” e “ caramella gommosa”

I consumatori attenti all’aspetto dietetico percepivano il prodotto con il nome non salutistico ( Caramella gommosa) come meno salutistico e meno gustoso dei consumatori non attenti. Ciononostante, i consumatori attenti al  fattore dietetico consumarono un quantitativo di caramelle nettamente superiore al gruppo dei consumatori meno attenti quando le stesse caramelle furono etichettate come gommose alla frutta.

Pertanto i ricercatori spiegarono che i consumatori meno attenti non imparano ad evitare le caramelle basandosi sui nomi e non tengono conto degli spunti che implicano la mancanza di salubrità ivi compreso compreso il nome.

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